Draghi verdi e vedovelle a Milano

Draghi verdi e vedovelle non sono i protagonisti di un racconto fantasy, ma i nomi dati dalla gente alle fontanelle pubbliche di Milano.

La Donna ed il Drago

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Anche in altre città, le fontanelle hanno soprannomi popolari che riprendono, in modo scherzoso, alcune loro caratteristiche. Così a Roma vengono chiamate “nasoni” e a Torino “toretti”.

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A Milano le fontanelle hanno ben due soprannomi. Abbiamo cercato le origini di questo binomio, ma non siamo riusciti a trovare molto. Forse i due diversi nomi risalgono a quartieri differenti, forse a piccole storie andate perdute. Se qualcuno fosse a conoscenza di qualche notizia, ce la mandi, per favore! Sarebbe un tassello in più nella storia della nostra città.

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Come siano nati, dunque, questi nomi poco si sa e molto si immagina. Le fontanelle di Milano non hanno rubinetto di chiusura e un piccolo getto d’acqua continua a scorrere, irrefrenabile come il pianto di una giovane vedova per il suo perduto amore. Questo fece nascere l’affettuoso e gentile termine di “vedovelle”.

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Ad altri, invece, la fontanella di colore verde scuro, con l’erogatore a forma di strana testa di animale, aveva ricordato un “drago”.

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Sarà stato, forse, un ricordo ancestrale di Tarantasio o di qualche altra mala bestia che circolava nelle nostre pianure atterrendo la gente? Non lo sappiamo, ma il drago verde non ci fa paura:  a tenerlo a bada, sulle fontanelle, c’è lo stemma del Comune di Milano con la croce di San Giorgio, che coi draghi ci sapeva fare.

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Il disegno di queste fontanelle risale a circa cento anni fa. È opera di Luca Beltrami, l’architetto che salvò e fece ricostruire il Castello Sforzesco, ci lasciò i disegni del Lazzaretto prima della demolizione, firmò il progetto di piazza della Scala e tanto tanto altro.

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Banca Commerciale – Gallerie d’Italia

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Palazzo Marino – facciata di L. Beltrami

Proprio in piazza della Scala apparve (e c’è ancora!) la prima fontanella, tutta in bronzo, con una bella greca alla base.

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Ancora oggi, dietro alla statua di Leonardo e dei suoi quattro allievi (detta dai milanesi un liter in quater), la vedovella offre gratuitamente a tutti acqua fresca e potabile.

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Le fontanelle di Milano sono un piccolo esempio di tradizione, la loro struttura è codificata e uguale da sempre.

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Fatte in ghisa, sono alte circa un metro e mezzo e una sorta di pigna fa da cappello.

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Elemento mistery è l’erogatore con la testa di bestia mostruosa.

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A noi più che un drago (nel nostro DNA c’è il biscione col muso allungato) sembra ispirato ai doccioni del Duomo. Una meneghinitudine in più…

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un doccione

I piccoli “bar del Drago Verde”, come venivano chiamate le fontanelle quando la Milano da Bere era molto più povera e ruspante, offrono ristoro… e non solo.

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oggi… sempre acqua fresca

Le fontanelle  di Milano sono tantissime (oltre 450!) e disseminate in diverse zone della città. Esiste persino una mappa interattiva della loro collocazione per chi, magari pedalando o passeggiando nel caldo afoso, volesse fermarsi a bere o a rinfrescarsi un po’.

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http://www.fontanelle.org/Mappa-Fontanelle-Milano-Lombardia.aspx

Dopo tanti anni di dissetante lavoro, alcune fontanelle sono un po’ malandate. Recentemente è stato indetto un concorso per un progetto di restyling.

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oggi in piazza Duomo

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domani?

http://milano.corriere.it/foto-gallery/cronaca/16_aprile_14/vedovella-ridisegnata-studenti-naba-c00b6bd8-023d-11e6-9f07-f0b626df35ca.shtml

Magari “vedovelle” e “draghi verdi” cederanno alla voglia di  un ritocchino al viso o al corpo… Comunque da bere offre sempre Belisama, antica dea delle acque e delle fonti, che ha scelto con cura dove far nascere Milano.

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Torri e grattacieli a Milano: sguardo all’insù tra ieri, oggi e domani (Primo itinerario)

In questi nuovi itinerari, i nostri passipermilano ci porteranno a vedere alcuni edifici “alti” e “altissimi” della nostra città, che diventa sempre più verticale.

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Ci fermeremo davanti a qualcuno di essi, mentre passeggiamo, per guardare anche come sono inseriti nello spazio urbano circostante, edifici tra gli edifici, e come sono vissuti, abitati, attraversati dalla gente.

Iniziamo il nostro primo itinerario “all’insù” dalla Torre Velasca, che coi suoi 106 metri di altezza e 25 piani di uffici e abitazioni, supera di molto tutti gli edifici vicini.

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Si trova in piazza Velasca 5, in pieno centro storico, a due passi da piazza Missori, dalla Ca’ Granda e poco lontana dal Duomo.

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Cortile della Ca’ Granda

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È stata progettata negli anni Cinquanta dallo Studio BBPR (Belgiojoso, Peressutti, Rogers), rimasto orfano di uno dei suoi soci fondatori, quel Banfi morto nel campo di Mauthausen – Gusen.

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lo Studio BBPR al completo

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monumento ai Caduti nei campi di sterminio (BBPR – Cim. Monumentale)

Ripresa l’attività nel dopoguerra, gli architetti dello Studio BBPR hanno mantenuto sempre vivo il legame con la storia, partecipando alla ricostruzione, ristrutturazione e allestimenti di tanti edifici come il Castello Sforzesco, la Ca’ Granda

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allestimento vecchia sede Pietà Rondanini (BBPr – Castello Sforzesco)

Se guardiamo la Torre Velasca, vediamo come la memoria entri nell’architettura; nell’insolita struttura a fungo ritroviamo echi della Torre di Bona di Savoia del Castello.

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Anche il nome “torre” vuole rendere omaggio alla tradizione milanese e creare continuità col passato. Guardiamo questa foto: la Velasca sembra la torre di un nuovo spazio urbano dove le mura sono altri edifici.

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La Torre Velasca è lontana dall’idea dei grattacieli americani. È un grattacielo milanese.

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I pilastri, che la percorrono a vista, si piegano e si allargano per sorreggere la parte superiore più ampia, destinata ad abitazioni, tanto da essere soprannominati dai vecchi Milanesi “giarrettiere”.

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La Torre Velasca ha ricevuto consensi, ma anche tante critiche, fin dalla sua realizzazione. Ha “partecipato” a diversi film, tra i quali “Milano calibro 9″ e “Il vedovo”, con Alberto Sordi.

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Guardiamo questa foto e ci accorgiamo che la Velasca non è la sola torre del centro storico, vicino al Duomo.

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Poco lontano, in piazza Diaz, sulle macerie di un quartiere vecchio, colorito, malfamato, il Bottonuto, sorge infatti, dalla fine degli anni Cinquanta, la Torre Martini.

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Palazzo per uffici, ha in cima una bella Terrazza Bar, quasi un anticipo della Milano da Bere degli anni Ottanta. Ora vi si organizzano eventi e si può guardare la città dall’alto, bevendo qualcosa.

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Questa torre, che sembra ispirata al Rockefeller Center di NY, dà il meglio di sè se viene inquadrata dalla Galleria.

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Milano

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New York

Alta 80 metri per 15 piani, chiude la piazza, circondata su tre lati da portici, sotto i quali si aprono negozi, locali, e una palestra. La seconda domenica di ogni mese, poi, vi si tiene la mostra mercato di libri antichi, vecchi, curiosi, da collezione e bancarelle di articoli vintage.

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Piazza Diaz, nata a partire dagli anni Trenta, avrebbe dovuto essere il perno della city direzionale in pieno centro storico. Vi si trovano palazzi importanti come l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (piazza Diaz 6) di P. Portaluppi, con un corpo più basso e una torre porticata.

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In mezzo alla piazza, ora sotto un’aiuola verde, si trova il primo parcheggio sotterraneo di Milano, costruito tra il 1953 e il ’56. Allora in Centro si andava in macchina!

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Il monumento ai Carabinieri, in acciaio, opera di L. Minguzzi, si perde un po’ in questa grande piazza, nascosto in parte dal verde.

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Piazza Diaz ha un che di squadrato, un rettangolo con vie laterali che danno movimento. Era stata soprannominata “il robottino”: la piazza rappresenta il busto, le braccia sono le vie Giardino e Rastrelli, le gambe le vie Gonzaga e Baracchini.

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Sul lungo collo, via Marconi, si trova l’ingresso del Museo del Novecento, in uno degli edifici dell’Arengario, con opere imperdibili del Secolo Breve.

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E la testa di questo robot? Non poteva essere che piazza del Duomo, con le sue guglie e la Madonnina. I suoi 108,50 metri sono stati per molto tempo l’altezza insuperata e insuperabile dei grattacieli di Milano.

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Continua…

Il Lazzaretto: un quartiere rinato – (Parte Seconda)

Dopo aver percorso in lungo e in largo il quartiere sorto sulla cosiddetta “prateria”, cioè il grande spazio vuoto un tempo all’interno del Lazzaretto, andiamo a vedere ciò che resta delle mura che lo circondavano. Dirigiamoci quindi verso via San Gregorio 5.

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Un lembo di muro, sei finestre, cinque comignoli, un trancio di fossato, ecco cosa ne rimane: la vera peste, per il Lazzaretto, fu la speculazione edilizia, che a fine Ottocento “si diffuse” a Milano, rischiando di spianare anche il Castello Sforzesco.

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Alcuni architetti, tra cui il Beltrami, tentarono di salvare il Lazzaretto, proponendo anche di trasformarlo in parco pubblico. Il degrado e la fame di case, però, tanto più in una zona appetibile e servita dalla ferrovia, erano tali che gli abitanti ed i bottegai, che via via lo avevano popolato, vennero sfrattati e il piccone iniziò la demolizione.

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Ora siamo di fronte a questo muro. Ogni finestra e ogni comignolo appartenevano ad una cella.

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Voci di bambini provengono dalla scuola che si affaccia sul fondo del cortile.

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Un piccolo cancelletto e qualche gradino ci immettono tra gli unici portici salvati del Lazzaretto dove ora si trova la chiesa ortodossa russa dei Santi Nicola e Ambrogio (un po’ di Milano ci vuole!).

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Le sottili colonne e i begli archi quasi scompaiono tra i fiori, i colori e il vivace disordine del cortiletto.

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Qui, in una delle celle, rifugio o prigione per appestati, c’è ora una cappella con un’icona circondata da ex-voto e candele.

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C’è profumo di mistero in questo luogo. Infatti molti avrebbero visto delle lacrime scendere dagli occhi della Madonna e del Bambino.

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http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/04/25/news/milano_lacrime_da_un_immagine_della_madonna_in_chiesa_ortodossa-3608985/?refresh_ce

Difficile è osservare ciò che resta del Lazzaretto, quasi travolti dal calore e dall’esuberanza dell’ambiente.

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Quando il Lazzaretto venne demolito non si andò per il sottile e divenne quasi terra di conquista per chi voleva portarsi via qualcosa (colonne, porte, infissi…).

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Alcune colonne le possiamo vedere ancora oggi, ad esempio, nel cortile di Palazzo Luraschi, di corso Buenos Aires 1, ora in ristrutturazione.

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Dirigiamoci verso questo palazzo, all’angolo di piazza Oberdan, e, nel frattempo, lanciamo un’occhiata all’antica polveriera austriaca, in corso Buenos Aires angolo via San Gregorio. Ora in questo bell’edificio, situato all’esterno delle mura di allora, c’è un negozio Benetton e, per fortuna, l’esplosione è solo quella dei colori.

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Siamo giunti, ora, in piazza Oberdan, famosa per lo “Spazio Oberdan”, centro di incontri culturali e cinematografici.

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L’accurato restyling della piazza mette in evidenza due colonne e una pensilina Liberty, che facevano parte dell’Albergo Diurno Metropolitano, piccola spa degli anni Venti, alla cui realizzazione partecipò anche l’architetto Portaluppi.

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Le maestose colonne che vediamo erano semplicemente una la canna fumaria delle caldaie e l’altra l’aeratore dei locali sottostanti; la pensilina copriva una delle scale di accesso.

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Purtroppo il Diurno è accessibile solo durante alcune aperture straordinarie organizzate dal FAI. Siamo riusciti a visitarlo dopo ore di attesa sulla scala della metropolitana e ciò testimonia l’interesse dei milanesi verso la propria città.

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L’area del Diurno comprendeva un salone d’ingresso con la cassa, le botteghe artigiane di “bellezza”, rese più riservate da separè, due agenzie di viaggio e le “Terme”.

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L’arredamento e gli ambienti art nouveau rendono piacevoli e fascinosi questi “locali” dedicati soprattutto ai viaggiatori e a chi  desiderava occuparsi del benessere del proprio corpo, anche con qualche piccolo lusso.

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Da questo salone si passava alle “Terme”, accolti dalla dea Igea.

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Qui docce, servizi e bagni accoglievano, in corridoi separati, gli uomini e le donne. Anche i colori delle piastrelle erano diversi, più austeri per i maschi. I clienti erano per lo più viaggiatori o chi, non avendo ancora servizi confortevoli in casa, voleva comunque permettersi un bagno “di lusso”.

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uno dei corridoi

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bagno uomini

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bagno donne

Con la costruzione della nuova Stazione Centrale e, nel dopoguerra, con il miglioramento delle condizioni igieniche domestiche, il “Diurno Venezia” cadde in disuso, fino a chiudere negli anni Novanta.

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Solo il barbiere resterà in attività fino agli anni Duemila.

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Il Diurno attende ora di essere restaurato e anche di conoscere il suo futuro, che è, al momento, incerto: si parla di centro culturale, ma ci sono altre ipotesi per la sua “riapertura” alla città.

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La seconda parte di questo itinerario termina nel Liberty del Diurno. Andiamo a vedere qualche altro esempio di questo stile a quattro passi da qui? Ne sarete meravigliati.

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Continua…

Quattro passi, e anche di più, per il Parco Sempione (Parte Seconda)

Iniziamo i nostri passipermilano nel Parco Sempione dalla Torre Branca, in viale Alemagna, poco distante dal Palazzo dell’Arte.

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Dall’alto dei suoi 108 metri la Torre offre una delle più belle vedute a 360° di Milano.

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Da qui si possono anche vedere altre torri, nuove e antiche, come è nella tradizione “turrita” della nostra città.

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Un grazioso furgoncino, ai piedi della Torre, fa da réclame al Fernet, forse il più illustre prodotto della produzione Branca, storica azienda milanese di liquori.

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Accanto alla Torre si trova la quasi sconosciuta Cascina Nascosta (che nome intrigante e un po’ misterioso…), destinata a diventare la Casa del Verde, uno spazio di ben 3500 mq attrezzato e aperto a diverse iniziative legate al verde.

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Entriamo nel Parco dal cancello accanto alla Torre e percorriamo il vialetto che costeggia il giardino posteriore della Triennale, luogo di arte, cultura. design, ma anche svago.

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I “Bagni Misteriosi” di G. De Chirico

In questo giardino si trovano importanti opere d’arte, visibili anche dal Parco. Altre si possono scoprire passeggiando tra i viali.

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“Pietra sonora” di P. Sciola

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“Le signore” di G. Pesce

Di fronte a queste opere, possiamo entrare nella cosiddetta Cattedrale dei Cedri, alberi disposti quasi a cerchio, con l’alto fogliame che si unisce a formare una cupola.

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al centro, la “Cattedrale dei Cedri” vista dalla Torre Branca

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Passeggiando lungo i viali incontriamo una grande varietà di piante, che creano in ogni stagione scenari con colori sempre nuovi.

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È un parco botanico, da visitare con calma e, magari, con una Guida del Verde. Ci faranno compagnia salici, conifere, ippocastani, tigli, cornioli, osmantus, bagolari…

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Un laghetto è il cuore dell’ esplanade tra corso Sempione e il Castello, il “cannocchiale” che permette di vedere, ai due estremi, la Torre del Filarete e l’Arco della Pace, di epoca napoleonica.

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Molto belle sono le piante che si specchiano nel laghetto.

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Qui si possono vedere anche pesci, papere, tartarughe e ascoltare il canto dei pettirossi, quando annunciano l’autunno, e altri suoni della natura.

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Poco più avanti c’è il tanto discusso Teatro Continuo Burri, realizzato nel 1973, poi smantellato alla fine degli anni Ottanta e ora ricostruito in occasione dell’Expo. È uno spazio teatrale, senza fondale, aperto sul “cannocchiale” e destinato a spettacoli o anche ad un’ espressione libera  della creatività.

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T. Burri rappresentazione

Passeggiando ancora per il Parco, incontriamo un’altra opera d’arte tra gli alberi. Quale “orchestra” starà suonando? Guardiamo con attenzione: molte sono le sorprese sopra i gradoni e il podio.

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“Accumulazione musicale seduta” di Arman

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Quali sono, invece, i canti delle sirene ammaliatrici poste sul ponticello di ghisa?

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Il “Ponte delle Sirenette” venne collocato nel Parco nel 1930, dopo che era stato interrato il Naviglio di San Damiano, dove si trovava.

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Fu il primo ponte in ghisa di Milano e le quattro formose sirenette con due code furono pertanto soprannominate  le “Sorelle Ghisini”.

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Ora “grappoli” di lucchetti dell’amore sono apparsi anche qui, su questo ponticello.

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Facciamo ora una sosta al “famoso” Bar Bianco, uno dei tanti punti di ristoro del Parco, dove si possono anche affittare risciò a pedali per girare sui dolci e lievi pendii.

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Un belvedere sopra una collinetta, il Monte Tordo, movimenta ancora di più questi saliscendi: provateli facendo jogging o pedalando a… tutta birra !!

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In cima alla collinetta c’è una insolita biblioteca con grandi vetrate e opere d’arte stabili e temporanee.

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B. Munari

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F. Somaini

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M. Pistoletto

Poco distante Napoleone III ci saluta togliendosi il cappello dall’alto del suo monumento.

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F. Barzaghi

Scendendo verso l’Arena, poi, fermiamoci alla fontana dell’Acqua Marcia. C’è una storia curiosa e che sa di zolfo…

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In questo luogo, verso la fine dell’Ottocento, era stata costruita la Torre Stigler, per pubblicizzare una fabbrica di ascensori.

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Ma l’acqua solforosa, soprannominata Acqua Marcia per l’odore sgradevole, continuava ad affiorare dal sottosuolo, proprio sotto la torre, minandone la stabilità.

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Vinse l’acqua… Al posto della torre fu messa questa fontana, da cui sgorga ancora oggi acqua sulfurea, ufficialmente non potabile, che proviene da un pozzo profondo oltre 300 metri. Quest’acqua, ricca di proprietà benefiche, era considerata un toccasana per la salute dei milanesi, che qui venivano a berla come alle terme.

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Non potendo più bere quest’acqua, se l’ora e il clima lo consentono, possiamo prendere un aperitivo nei locali della movida della zona di corso Sempione godendoci uno dei più bei tramonti di Milano.

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L. Cagnola

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Quattro passi, e anche di più, per il Parco Sempione (Parte Prima)

In qualsiasi periodo dell’anno, il Parco Sempione ci invita a fare quattro passi tra il verde, le opere d’arte collocate in questo museo a cielo aperto e le diverse aree attrezzate, anche per i nostri amici pelosi.

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Forse i turisti, e i milanesi stessi, sono ancorati all’idea di una Milano grigia, dove “continuano a costruire e non lasciano l’erba”.

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A Milano, secondo noi, il verde e il cemento hanno imparato a convivere: un balcone fiorito, gli orti urbani, il Bosco Verticale, il Parco Sempione stesso, così ricco di arte tra i viali alberati, sono esempi di un modo di interpretare il verde metropolitano.

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Bosco Verticale – Studio Boeri

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Chiosco scultura – G.A. Roccamonte

Due parole sulla storia del Parco.

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Alla fine dell’Ottocento quest’area, che era diventata una grande piazza d’armi, fu salvata, insieme al Castello Sforzesco, dalla lottizzazione.

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Un tempo faceva parte del Barcho, l’immensa tenuta ducale che si estendeva dal Castello fino all’attuale piazzale Accursio, circondata da mura con ben otto porte. Da una di queste deriva il nome della zona “Portello”.

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parco del Portello

Poi il declino e la rinascita. Il progetto di riqualificare quest’area dismessa, facendone un parco, toccò a Emilio Alemagna, l’architetto che già aveva curato la realizzazione dei Giardini Pubblici di Porta Venezia.

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Ai milanesi il nuovo Parco piacque subito. Questo romantico giardino all’inglese fu realizzato con viali per le carrozze e vialetti per passeggiare, un suggestivo laghetto e dolci saliscendi.

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Al Parco c’è anche un po’ di Expo 1906, nata per celebrare l’apertura del Traforo del Sempione; una ferrovia sopraelevata congiungeva l’area Sempione con la zona che sarebbe diventata la Fiera Campionaria, dove continuava l’Expo

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Fu un successo. Anche allora Milano fu al centro dell’attenzione internazionale.

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Expo Milano 2015 – l’Albero della Vita

Noti architetti firmarono i padiglioni, tra i quali è stato conservato l’Acquario Civico di viale Gadio, lungo il perimetro del Parco.

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ieri…

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Fu il terzo acquario costruito in Europa… in una città senza il mare! La facciata è decorata con una grande statua di Nettuno, animali acquatici e marini.

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Non è certo un acquario imponente come quelli più moderni, ma i bambini possono vedere gli animali da vicino e poi correre a giocare nel Parco.

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Ecco come si presentava il Parco a fine Ottocento in una immagine ripresa dalla Torre Stigler, che oggi non esiste più.

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Nel corso del Novecento il Parco cresce e si arricchisce di altre importanti strutture come la Torre Branca.

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Realizzata nel 1933 da Gio Ponti, dal suo belvedere si gode una meravigliosa vista su Milano e sul parco stesso.

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Da questa Torre inizieremo il nostro itinerario nel Parco. Chi vuole venire con me a guardarlo dall’alto? Accendo i motori ….

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Continua…

Itinerario da brivido per la Notte di Halloween

In questa notte, come si credeva accadesse durante l’antico Samhain celtico, il velo tra i morti e i vivi diventa più sottile e l’Aldilà è maggiormente percepibile.

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Faremo quattro passi tra memorie e immaginazione, percorrendo un itinerario tra il Castello Sforzesco, palazzi, chiese e Parco Sempione, dove le “apparizioni” sono di casa. Questo itinerario forma una sorta di ellisse, come ellittico era, al tempo dei Celti, il Recinto Sacro da cui nacque Milano.

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Partiamo dal Castello, che potrebbe essere considerato il luogo più affollato di Milano per numero o antico prestigio dei fantasmi che vi si trovano.

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Ignoti sono i nomi dei trecento soldati francesi che morirono nell’esplosione della Torre del Filarete, agli inizi del 1500. A causarla fu un fulmine? Un errore umano? La vendetta del Bombarda, un mercenario svizzero innamorato?

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Non si sa, resta un mistero; ma c’è chi sostiene che nella notte dei Morti, gli echi della Storia abbiano suoni di urla strazianti e di lamenti umani.

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Secondo alcuni studiosi di fenomeni paranormali, i fantasmi rivivrebbero qualche episodio importante e drammatico della propria vita, come se fossero incatenati ai ricordi.

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Ludovico il Moro comparirebbe sotto la Ponticella del Bramante, mentre fugge a cavallo, travestito da mercenario.

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Wrangler Nate Cummins takes the opportunity to ride by moonlight, the night before the "Super Moon" during Montana Horses' annual horse drive outside Three Forks, Montana, May 4, 2012. The Mantle family, who own Montana Horses, held their last horse drive where they rounded up approximately 300 horses and drove the herd 35 miles from their winter range to the Mantle ranch. The horses will be picked up by leasers to be used as pack and trail horses at dude ranches and national parks. Photo taken May 4, 2012. REUTERS/Jim Urquhart (UNITED STATES - Tags: ANIMALS SOCIETY ENVIRONMENT TPX IMAGES OF THE DAY)

Anche Bianca Maria di Challant rivive in questa notte brani della sua vita e ricompare al Castello, dove era stata decapitata, con una coppa di sangue, mentre la testa le rotola via.

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Altre donne importanti rimangono “presenti” nel Castello dove vissero un tempo. Fra queste Bona di Savoia, vedova di Galeazzo Maria Sforza, rifugiatasi nella torre che porta il suo nome.

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Ber o Bon

La giovane duchessa Beatrice, moglie del Moro, morta di parto, appare pensosa ricordando gli avvenimenti della sua breve e intensa vita.

Cristofero Solari - Tomba di Ludovico il Moro e Beatrice D'Este (particolare, Pavia, Certosa, 142

L’indomita Isabella d’Aragona, nipote e nemica del Moro, compare tenendo tra le mani una boccetta di veleno con il quale avrebbe voluto avvelenare gli Sforza e per il quale, invece, perse il marito e un’amata figlia.

isabella con veleno

Lasciamo il Castello ed i suoi ricordi di sangue versato.

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Poco più avanti, in via Rovello, un’altra donna, legata al Moro, lo aspetta ancora. È Cecilia Gallerani, la Dama con l’ermellino, dipinta da Leonardo, che a Palazzo Carmagnola, dove visse, attende di rivedere il suo amato. E’ possibile vederla ad una delle finestre proprio in questi giorni.

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Eccola!

Raggiungiamo piazza Duomo, dove “vive” il fantasma della Carlina, la sposa in nero che, terrorizzata dalle statue sulle guglie della nostra amata e misteriosa Cattedrale, scomparve e non fu più ritrovata. È un fantasma “prezzemolino”; infatti spesso compare nelle foto scattate dentro e fuori il Duomo.

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In via Santa Radegonda, accanto al Duomo, possiamo incontrare un’altra donna, Bernarda, la figlia di Bernabò Visconti, imprigionata e fatta morire di stenti dal padre; ma è, per così dire, un fantasma dalle…molte vite.

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bara vuota

A pochi passi dal Duomo, in piazza Santo Stefano, c’è uno dei luoghi più lugubri di Milano (andate a vederlo!!!).

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È San Bernardino alle Ossa, una chiesa con una cappella rivestita internamente di ossa umane.

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Nella notte del 2 novembre, una bimba ricompone il proprio scheletro come in un puzzle horror e trascina in una danza macabra gli altri defunti.

Danza-Macabra

Vi parteciperanno anche gli scheletri della vicina cripta nella chiesa della Statale?

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cripta

Se avete ancora voglia di esperienze forti, andate verso la Basilica di Sant’Ambrogio (autobus 94), passando accanto a piazza Vetra, terra di Inquisizione, roghi, patiboli e torture.

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Fermatevi accanto alla Basilica di Sant’Ambrogio, presso la Colonna del Diavolo, dove rimasero conficcate le corna di Satana, dopo un calcione ben assestato dal nostro Santo patrono.

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Il Diavolo riuscì poi a liberarsi e da questa colonna tornò all’Inferno. C’è dunque qui sotto un varco per gli Inferi? Molti rumori provengono da lì e un tempo, prima che fossero cementati, anche odori di zolfo da quei fori che sembrano orbite vuote.

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Tornate a piedi verso il Castello percorrendo via Carducci. Qui c’è un simpatico localino, PolentamiSu, dove si possono mangiare una polenta calda e un ottimo tiramisù…Ne avrete bisogno…

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Signori uomini, se vedete venirvi incontro, nelle vicinanze di via Paleocapa, una dama velata che emana profumo di violetta e vi promette ore indimenticabili in una villa vicina, non seguitela.

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Il suo viso è un teschio, come ha raccontato chi aveva ceduto alle sue lusinghe. In questa zona esisteva una casa disabitata con fama sinistra; da metà degli anni Settanta questa donna non compare più, forse la casa ha cambiato inquilini?

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da “Poema a fumetti” di Dino Buzzati

Casa Toniella

Di giorno, invece, quando il Parco Sempione è aperto, molti dicono di essere stati seguiti da una giovane donna che fa jogging e che li avverte dei danni del fumo. Poi svanisce, come il fumo di una sigaretta.

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Ben altri fuochi arsero nell’antica Piazza d’Armi dietro al Castello. Qui fu bruciata Isabella da Lampugnano, una delle tante streghe finite al rogo anche nella nostra città, che questa notte ritornano…

Eden Urban Nightscape #2, Parco Sempione, Milano 2012

Siamo tornati da dove eravamo partiti. Ora vi meritate una bella cenetta.

donna senza testa

Chi saranno gli altri convitati?

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Buon Halloween a tutti!

 

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I Mystèriosi sotterranei del Castello

È una Milano oscura e livida quella che fa da sfondo all’avventura “Scendendo” di Martin Mystère, apparsa su Almanacco del Mistero, 1995.

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I sotterranei, questa terra di mezzo tra il sopra e il sotto, il mondo delle luci e quello del buio assoluto del sottosuolo, sono i veri protagonisti di questa storia che riguarda il Castello Sforzesco.

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Martin, indagando sull’omicidio di un ingegnere che aveva lavorato sul sottosuolo, riesce a sventare, attraverso rocambolesche vicende, un piano terroristico che intendeva far esplodere il Castello e gettare Milano nel caos e nel terrore.

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Questo piano era basato su un complesso progetto difensivo ideato da Leonardo, “ingegnere militare” secondo il curriculum da lui inviato a Ludovico il Moro.

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curriculum di Leonardo

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progetto di “carro armato”

Un micidiale composto, il cosiddetto fuoco greco, era stato nascosto sotto la Piazza d’Armi per impedire, attraverso incendi ed esplosioni, l’eventuale conquista del Castello, da parte di nemici.

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Il colpo di scena finale rivela che il Maestro, in accordo con il comandante della guarnigione, che aprì le porte del Castello ai Francesi, non mise in atto il piano distruttivo al fine di salvare l’amata Milano.

ultima pagina

Perchè raccontare questa storia su alcuni “segreti” del Castello?

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Sotto il Castello c’è realmente un mondo sotterraneo “archiviato”. Si narra di una strada segreta, che univa il Castello a Santa Maria delle Grazie, fatta costruire dal Moro. Ecco il suo ingresso, che si trova nella Ghirlanda, l’antica via difensiva coperta realizzata dagli Sforza.

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inizio percorso verso Santa Maria delle Grazie

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via sotterranea della Ghirlanda

Un’altra storia, dal sapore molto hard, ebbe luogo ai tempi della dominazione austriaca. Una compagnia di giovani era solita radunarsi nei sotterranei del Castello, coperti di muschio; da qui il nome di Compagnia della Teppa (parola milanese che indica il muschio), dal quale deriva il termine teppista.

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uno degli accessi ai sotterranei, con muschio

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uno dei sotterranei

Tra le bravate di questo gruppo, l’organizzazione di un festino a luci rosse a Villa Simonetta.

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Villa Simonetta, Milano

Furono invitate le fanciulle, in cerca di marito, della Milano bene di allora e, ad insaputa di queste, nani e derelitti dei bassifondi milanesi, cui, invece, era stato promesso in dono un incontro con prostitute. La polizia austriaca, su segnalazione di una invitata, intervenne a salvare le ragazze e i “teppisti” furono arruolati a forza nell’esercito.

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da “Senso” di L. Visconti e da “Il bacio” di Hayez

La Compagnia della Teppa

http://archiviostorico.corriere.it/2008/agosto/03/terribili_scherzi_della_teppa_Fra_co_7_080803035.shtml

Infine, per fortuna, è stato anche “archiviato” l’uso della Ghirlanda come rifugio antiaereo durante i bombardamenti.

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Oggi la via coperta della Ghirlanda è aperta al pubblico solo con prenotazione e guida presso l’Info Point del Castello.

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inizio del percorso

È una visita assolutamente da non perdere, perchè mostra il Castello da un altro punto di vista, molto underground, con scorci inaspettati e cunicoli tortuosi e impervi.

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Ponticella del Bramante vista dalla Ghirlanda

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Se avete voglia, infine, di vivere qualche brivido in questa nostra misteriosa e sconosciuta città, pensate che le linee Rossa e Verde della metropolitana scorrono proprio sotto la Piazza d’Armi, magari accanto a vie segrete murate…

metropolitana sotto il castello

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dietro questo muro passa la metropolitana

Meglio non aprire certe porte…

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Itinerario Castello Sforzesco (Parte Seconda)

Il Castello non vive solo di memorie, ma è ben presente nella vita di oggi.

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allestimento per un evento – ottobre 2015

Al Castello ci si incontra per manifestazioni, eventi, appuntamenti culturali all’ora dell’aperitivo; la location, specialmente di sera, diventa quanto mai intrigante e suggestiva.

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luci alla Rocchetta

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evento in notturna

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Agli eventi, in genere, sono riservati spazi all’aperto o strutture a tempo.

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Gli interni, invece, proteggono capolavori e raccolte di grande valore.

mappa dei musei del castello

informazioni castello

La Corte Ducale è una specie di Expo permanente di arte e cultura, che richiede una visita di diverse ore, magari suddivisa in più itinerari. Qui si trova la biglietteria per tutti i Musei, “padiglioni” che espongono le diverse eccellenze di arti e produzioni differenti.

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Una grande porta, la Pusterla dei Fabbri, accoglie i visitatori ed invita ad entrare. Non è il portone di un nobile palazzo quello che apre la strada ai tesori del Castello, ma l’arco di una Pusterla delle mura medievali.

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Questo arco, situato in una zona della Milano delle botteghe e popolare, fu portato al Castello ai primi del Novecento, in occasione di trasformazioni urbanistiche che ne prevedevano la demolizione. Ora si trova all’ingresso del Museo d’Arte Antica, quasi un omaggio al lavoro dei milanesi che ha fatto grande la nostra città.

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fabbri corriere

Entrati nella Corte Ducale, residenza rinascimentale dei Duchi, ciò che colpisce in primo luogo sono gli spazi: grandi, aperti, con ampie vetrate, che mostrano “scenografie” inaspettate.

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Il Museo d’Arte Antica è il primo “padiglione” che incontriamo. La varietà di ciò che contiene rende la visita molto ricca di scoperte. All’inizio di ogni sala si può ritirare una piccola guida gratuita che illustra, in più lingue, quanto esposto.

Ecco qualche “assaggio”:

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mausoleo di Bernabò Visconti

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Madonna Lia

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pietra tombale di Gaston de Foix

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gonfalone di Milano

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bassorilievo della “fanciulla impudica”

Le sale ducali sono esse stesse museo e gli ambienti, talora, rubano la scena.

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sala verde

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sala delle colombine

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cappella ducale

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Sala delle Asse

Dalle vetrate delle sale ci appaiono anche scorci antichi ed indimenticabili: il fossato, la Ghirlanda, la Ponticella del Bramante, dove Ludovico il Moro si ritirò a piangere, in tre salette “vestite” a lutto (le salette Nigre), la scomparsa della moglie Beatrice. Ci restò, dicono, “ben” quindici giorni!

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ponticella del Bramante

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ponticella del Bramante

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portico della Ponticella

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fossato e Ghirlanda

Fino a pochi mesi fa, in questo “padiglione” era ospitata anche la Pietà Rondanini, in una sorta di cappella votiva, realizzata dallo Studio BBPR, lo stesso cui si deve, tra l’altro, il progetto della Torre Velasca.

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gli architetti Banfi, Balgiojoso, Peressutti e Rogers

Per raggiungere il prossimo “padiglione” museo, dobbiamo scendere e passare sopra un ponticello sospeso.

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In questa nostra avventura, inaspettatamente, sotto di noi, appare una fontanella in un verde “prato” di muschio.

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La storia di questa fontanella del Castello Sforzesco è piuttosto curiosa: gli Sforza non l’hanno mai vista in questo posto! Infatti l’originale si trovava al Castello di Vigevano da dove fu traslocata per diventare un’acquasantiera nella Collegiata di Bellinzona.

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Bellinzona

Al Beltrami questa fontana piacque così tanto che ne fece costruire ben tre identiche. Una è quella dell Castello, un’altra è a Seregno.

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Seregno

La terza si trova, sempre a Milano, a Villa Mirabello, in una dimora di campagna del Quattrocento. Era soprannominata magiabagaj (mangiabambini) per l’immagine classica dell’inquietante biscione.

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Villa Mirabello

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Villa Mirabello

Sopra la fontana del Castello c’è una delle finestre originali, che ha fatto da modello per i restauri geniali e “creativi” del Beltrami.

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Raggiungiamo la Loggia di Galeazzo Maria con un ampio scalone a gradoni bassi, fatto per salire… a cavallo!

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Prima di iniziare un nuovo percorso museale fermiamoci sulla Loggia, magari seduti su questa deliziosa panchettina, per guardare il panorama.

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Siamo al primo piano della Corte Ducale e il “padiglione” da visitare è una sorta di Salone del Mobile attraverso i secoli. Qui regnano insieme storia e design.

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Anche la Pinacoteca, successivo “padiglione” di questa Expo speciale, offre una raccolta di capolavori che lascia frastornati.

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una delle sale

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Bernardino Luini

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Canaletto

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Andrea Mantegna

Con un passaggio coperto sulle mura si passa alla Rocchetta, dove si trovano il Museo delle Arti Decorative e quello degli Strumenti Musicali.

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Come all’Expo, assaggiamo qualche piatto speciale di questi padiglioni per…stuzzicare l’appetito.

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Entriamo nella Sala della Balla; accanto agli Arazzi dei Mesi, del Bramantino, si può utilizzare una postazione multimediale per leggere qualche pagina di Leonardo.

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Il percorso museale ci riconduce, attraverso un camminamento all’interno della Porta Giovia, alla sala della biglietteria.

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Ma la nostra “Expo” non finisce qui.

All’esterno, sotto il portico della Corte Ducale sostiamo un attimo “a bordo piscina”, accanto all’Affresco dell’Elefante, uno degli animali esotici che erano ospitati nella riserva dei Duchi, oggi Parco Sempione.

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Davanti a questo affresco è stata collocata la lapide a Gian Giacomo Mora, vittima dell’ignoranza e della superstizione, di manzoniana memoria.

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Da qui possiamo scendere nei sotterranei per visitare altri due “padiglioni”: il Museo della Preistoria e Protostoria e quello Egizio, sezioni distaccate del Museo Archeologico di corso Magenta.

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Che ci fa una gatta rock, venuta dal lontano Egitto, nei sotterranei del Castello? Quali misteri vi si nascondono?

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Continua…

Itinerario Castello Sforzesco (Parte Prima)

La visita al Castello è veramente un’esperienza ricca di emozioni, scoperte e avventure, quasi un’impresa come quella degli antichi cavalieri che ricordavano un episodio esaltante della loro vita con uno stemma e un motto personali, diversi dallo stemma del casato.

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asse

Sala delle Asse

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una delle segrete

Uno degli stemmi scelti da Ludovico il Moro rappresenta un mare in tempesta e due fari che indicano il porto da raggiungere.

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Rocchetta

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Santa Maria delle Grazie

Questo stemma si trova sia al Castello, su un capitello nel portico della Rocchetta, sia in Santa Maria delle Grazie, voluta dal Duca come cappella di famiglia.

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Forse indicavano il travaglio della sua vita per giungere al potere terreno e alla pace eterna.

sarcofago di Ludovico e Beatrice (Certosa di Pavia)

Tal trabalio mes places, por tal thesaurus non perder” (tale fatica mi è gradita per non perdere un tale tesoro). Il motto che accompagnava l’impresa di Ludovico ci ha fatto pensare alla “vita” del Castello, giunto fino a noi in grande splendore dopo le tempeste della sua storia.

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Castello degradato

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Castello ora

Godiamoci questo tesoro conoscendo meglio la complessa varietà di quanto mostra, senza dimenticare, però, quanto nasconde o c’è ancora da scoprire.

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Il Castello è nel cuore della città, vasto quadrilatero di mura in mattoni definite da due torri rotonde sul davanti e quadrate verso il Parco Sempione.

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Non è del tutto originale, ma è stato ricostruito da Luca Beltrami, l’architetto milanese che, a fine Ottocento, riuscì a compiere l’impresa di salvare e restaurare il Castello e, insieme, la memoria dei milanesi rispetto alla loro Storia.

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Ecco la mappa del Tesoro:

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Passare sotto la Torre del Filarete è come varcare il portale verso il passato del Castello.

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Su di essa, ricostruita in maniera avventurosa dal Beltrami attraverso studi, ricerche e ritrovamenti fortunosi, spiccano un grande orologio, misura umana del tempo, la statua di Sant’Ambrogio e quella di Umberto I, al quale la torre è dedicata.

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La vasta Piazza d’Armi, che ci accoglie appena entrati, non fa pensare ai cortei cavallereschi o alle esercitazioni militari che qui avvenivano durante le varie dominazioni straniere.

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Ora sembra un giardino sul quale si affacciano sedi culturali o di capolavori come la Pietà Rondanini nell’ex-Ospedale Spagnolo.

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Ospedale Spagnolo

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Sul lato di fronte al Museo della Pietà, alcuni resti sono memoria della città che abitiamo e fanno da panchina per qualche gatto fermo, come noi, forse a meditare.

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gatto tra i resti

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La statua di san Giovanni Nepomuceno, patrono dei soldati austriaci e… protettore degli ubriachi caduti in acqua (una sua statua era situata anche a Porta Romana, quando vi scorreva il Naviglio) è davanti al cosiddetto fossato morto, completamente asciutto, dove spesso gatti sornioni ci guardano con felino e signorile distacco, accanto a palle di cannone in pietra.

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Statua e Naviglio a Porta Romana

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gatto e palle di cannone

L’antica Porta Giovia, che si apre sulla Piazza d’Armi, fa quasi da cartello indicatore verso i capolavori di Michelangelo e Leonardo contenuti nel Castello.

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torrione di Porta Giovia

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Entriamo ora nella seconda parte del Castello, dove si affacciano la Rocchetta, il luogo più protetto, al quale si accedeva solo da un ponte levatoio sopra il fossato morto, e la Corte Ducale, residenza del Duca e centro politico di Milano.

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Rocchetta col ponte levatoio

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Corte Ducale

Davanti alla Rocchetta possiamo fermarci per una sosta in un moderno luogo di ristoro.

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Accanto al bar, possiamo invece dissetarci, con la fantasia, alla piccola fontana su cui sono riportate cinque imprese dei Visconti e degli Sforza.

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Dalla fontana non sgorga acqua, ma si sa che i gatti non la amano; un inquietante gatto nero fa da guardiano a chissà quali misteri.

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Nell’elegante cortile della Rocchetta possiamo passeggiare sotto i portici ai quali lavorò anche il Bramante.

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Sui capitelli stemmi araldici, mentre sullo sfondo appare la Torre di Bona di Savoia, rifugio della infelice vedova di Galeazzo Maria Sforza.

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Da questa torre sembrano provenire, talvolta, gemiti e lamenti. Saranno quelli di Bona o di un gatto rimasto solo?

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gatto come fantasma al castello

Nel cortile della Rocchetta si apre anche la Torre Castellana, dove si trovava la Sala del Tesoro, purtroppo non sempre visitabile.

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Era il forziere che custodiva il tesoro dello Stato e quello privato del Duca.

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deposito di Paperon de’ Paperoni

Secondo l’ambasciatore di Ferrara, la quantità di ricchezze era tale che un cerbiatto non sarebbe riuscito a superarle con un balzo.

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In questa sala è possibile ammirare l’affresco, opera del Bramantino, raffigurante Argo. Questa figura mitologica dai cento occhi vegliava sul Tesoro, affiancata da due splendidi pavoni.

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La finestrella accanto conteneva un ingegnoso antifurto: nel vano erano contenute delle lampade ad olio che proiettavano la loro luce nella sovrastante stanza del Castellano; l’apertura non programmata della porta della sala avrebbe creato una corrente d’aria tale da farle spegnere, dando così l’allarme.

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Al primo piano si può passeggiare nel Museo degli Strumenti Musicali e nella Sala della Balla, dove sono esposti altri capolavori quali gli Arazzi dei Dodici Mesi, commissionati al Bramantino da Gian Giacomo Trivulzio, che appare in quello del mese di Settembre, con un falco sulla mano; un gigantesco selfie di stoffa dell’epoca.

Sala della Balla e Arazzi dei Mesi

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mese di Settembre

E come non pensare che in questa Sala, dove si giocava anche alla pallacorda, avvenne un dramma pubblico e privato? Dopo una notte di danze, per le feste del Nuovo Anno, Beatrice d’Este, giovanissima moglie del Moro, morì di parto insieme al suo bambino. Si dice che il fantasma della giovane Duchessa non abbia mai abbandonato queste sale.

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Quante altre storie conoscono i gatti del Castello?

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A tra poco…continua.

Street food davanti al Castello Sforzesco

L’archistar che ha progettato la scenografia è del Quattrocento: siamo davanti al Castello Sforzesco, non lontano dall’ Expo Gate, e le “paninerie” di cui parliamo sono due chioschi con panini eccezionali.

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Il chiosco sulla sinistra, guardando la Torre del Filarete, è nato quindici anni fa e prepara panini “politici”; infatti ogni specialità è dedicata a uomini politici attuali o del passato.

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Non sembra vero di poter mordere panini con nomi di personaggi della politica molto conosciuti!

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L’altro chiosco, sulla destra sempre guardando la Torre, è invece ispirato al gioco del calcio; è considerato uno dei migliori street food di Milano, tanto che è addirittura ai primi posti della classifica dei ristoranti milanesi recensiti su TripAdvisor.

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I panini prendono il nome di squadre di calcio e di giocatori.

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Gli ingredienti sono semplici e di qualità, lontano dagli esperimenti gastronomici di tanti locali alla moda. I panini sono veramente grandi e possono fare da pranzo o da cena, anche perché entrambi questi chioschi sono aperti fino a tardi per i nottambuli.

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Vino, birra, bevande varie e gelati accompagnano gli enormi panini, che si possono gustare anche seduti ai tavolini all’aperto guardando la partita sull’ampio schermo o discutendo di politica, all’ombra di piante secolari.

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Fate un pieno di energie in queste paninerie on the road: nel prossimo itinerario dedicato al Castello i passipermilano saranno veramente tanti…

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“…come sono pieno! Dovrei fare quattro passi!…”